domenica 29 giugno 2014

Empatia.

E' quasi un mese che non scrivo. Non ho tempo, non ho voglia, non ho concentrazione, insomma, sti esami mi stanno distruggendo. Oggi però ho riflettuto a lungo su alcune situazioni presenti e passate e sulla mia tendenza a cercare di comprendere, quel mio mettermi sempre nei panni degli altri, grande qualità, diranno alcuni, grande rottura di coglioni, dico io.

L'empatia è un'arma a doppio taglio, lo diventa soprattutto quando comprendi che tutto questo sforzo e tutta la sofferenza altrui che vivi sotto la tua pelle non è ricambiata.

E non capisco se ciò sia voluto o no. Se amo qualcuno non solo sono contagiata dalle sue gioie e dai suoi dolori, così in modo spontaneo, ma cerco anche di arrivare a quella sintonia, cerco di decifrare il codice che si cela dietro un'emozione e un atteggiamento. Ha agito così per questo motivo.
Fino a che punto essere empatici è una qualità intrinseca di noi stessi, figlia di una grande sensibilità, e in che misura è invece il frutto di maturità, di ricerca di comprensione?

Mentre cerco di rispondere a questa grande questione, rileggo le pagine di uno dei miei tanti libri abbandonati a metà, quelli che "sì, poi lo finisco quando ho la mente libera". Non ricordo nemmeno a che pagina arrivai, ma questo passaggio de L'insostenibile leggerezza dell'essere mi è rimasto impresso:

"Tutte le lingue che derivano dal latino formano la parola compassione col prefisso “com-” e la radice passio che significa originariamente “sofferenza”.

In altre lingue, ad esempio in ceco, in polacco, in tedesco, in svedese, questa parola viene tradotta con un sostantivo composto da un prefisso con lo stesso significato seguito dalla parola “sentimento” (in ceco: soucit; in polacco: wspol-czucie; in tedesco: Mit-gefuhl; in svedese: med-kansla).

Nelle lingue derivate dal latino, la parola compassione significa: non possiamo guardare con indifferenza le sofferenze altrui; oppure: partecipiamo al dolore di chi soffre. Un’altra parola dal significato quasi identico, pietà (in inglese pity, francese pitiè, ecc) suggerisce persino una sorta di indulgenza verso colui che soffre. Aver pietà di una donna significa che siamo superiori a quella donna, che ci chiniamo, ci abbassiamo al suo livello.
E’ per questo che la parola compassione generalmente ispira diffidenza; designa un sentimento ritenuto mediocre, di second’ordine, che che non ha molto a che vedere con l’amore. Amare qualcuno per compassione significa non amarlo veramente.

Nelle lingue che formano la parola compassione non dalla radice “sofferenza” (passio) bensì dal sostantivo “sentimento”, la parola viene usata con un significato quasi identico, ma non si può dire che indichi un sentimento cattivo o mediocre.
La forza nascosta della sua etimologia bagna la parola di una luce diversa e le dà un senso più ampio: avere compassione (co-sentimento) significa vivere insieme a lui qualsiasi altro sentimento: gioia, angoscia, felicità, dolore.
Questa compassione (nel senso di soucit, wspòlczucie, Mit-gefuhl, medkansla) designa quindi la capacità massima di immaginazione affettiva, l’arte della telepatia delle emozioni. Nella gerarchia dei sentimenti è il sentimento supremo
".[...]


Il co-sentimento, l'empatia, en-pathos, che parola magnifica. Eppure continuo a trovare molta più compassione, co-sofferenza, negli occhi della gente e sempre meno co-sentimento nello sguardo di chi si ama...

venerdì 30 maggio 2014

Ikea (happy) family

Ieri, dopo anni, sono tornata all'Ikea, spinta da una voglia irrefrenabile di polpettine svedesi, biscottini allo zenzero e cianfrusaglie varie. E' stato proprio come immaginavo: una specie di ritorno a Narnia, e di certo lì gli armadi non mancano.
By the way, ricordavo solo alcuni aspetti del magico mondo Ikea, tra cui voglio citare:

-desiderio di ri-arredare la casa
-desiderio di avere una casa
-desiderio di avere una famiglia
-desiderio di possedere oggetti inutili
-desiderio di possedere oggetti utili
-desiderio di assaggiare ogni fottutissimo piatto o pietanza in offerta.

Insomma, sapevo già quanto fossero esperti di marketing questi svedesi furboni, tuttavia ho avuto il piacere di notare altre piccole cose, molto ma molto fiche, eque, solidali, ecologiche.

Prima di tutto, ho finalmente fatto la tessera "Ikea family" perchè, almeno nella mia città, offre sconti per andare al cinema (ebbene sì, proprio per quello). La prima piacevole sorpresa è stato il gadget associato all'iscrizione gratuita alla fidelity card. Avevate sentito parlare di quelle matite che si trasformano magicamente in piantine? Le foto girano da un po' su facebook e funzionano circa così





La matita in questione (quella delle foto che girano su effebi) si chiama "Sprout" ed è disponibile in diverse versioni, per ogni aroma, ma a noi checcefrega, stavamo parlando di quelle dell'Ikea.
Ebbene gli svedesi hanno preso spunto da questo progetto per modificare le loro famosissime matitine, aggiungendo una piccola capsulina di aneto. Non so che pianta sia, ma c'è scritto nella descrizione del nome. ODLA DILL ovvero "coltiva l'aneto".

E vai di riciclo, primo punto a favore di Ikea!

Proseguendo la visita, sono approdata nel reparto peluche. Ommioddio, darei loro un premio solo per offrire così tanti animaletti pelosi a prezzi che vanno dai 3 ai 19 euro. La cosa che mi ha colpita, però, è stata la presenza di bambolotti di pezza, quelle bambole che una volta usavano le nostre mamme. Sebbene le trovi leggermente inquietanti, sti svedesi, spesso descritti dalle cronache come xenofobi convinti, hanno prodotto bambole dalle sembianze occidentali, orientali e di colore.

L'inquietudine non ha colore


E così la famiglia si allarga, big up per Ikea!

Ultimissimo punto, oltre a trovare cartelli ovunque che ricordassero ai clienti che Ikea rispetta gli animali e compra salmone pescato responsabilmente, ero circondata da cagnolini. Sì, i nostri amici a 4 zampe sono i benvenuti, tanto nel negozio, quanto nel ristorante. Ho persino goduto nel vedere una coppia nel tavolo vicino al mio lamentarsi per la presenza di un barboncino ed andare via scandalizzata, chi non ama gli animali non deve mangiare vicino a me.

Quindi, ecco, sono felice.
Ieri al telegiornale ci hanno ricordato quanto l'umanità faccia schifo, con i servizi dedicati alle povere ragazzine indiane seviziate ed uccise, e queste piccole note di positività possono aiutare a contrastare la mentalità chiusa di alcune culture.
Ikea, ora mi aspetto da voi qualche idea per difendere e promuovere il ruolo della donna, chessssò, un nuovo catalogo dove magari la donna non stia sempre dietro alla cucina, ma questa è un'altra storia...

lunedì 19 maggio 2014

Cimeli del passato...

Ogni tanto mi tocca mettere un po' d'ordine. Nella vita no, dai, sarebbe impossibile. Nella routine quotidiana si fa quel che si può, mica posso impazzire nell'improvvisazione totale. Ma nei miei spazi, nella mia camera, ahia quant'è difficile. Ammetto di adorare il caos e lo trovo persino funzionale. Insomma, io ricordo dove lascio la mia roba e spostarla in un posto più adeguato a volte diventa fatale. Con me la frase "no, qui in bella vista non va bene, custodiamolo per non perderlo" non funziona, è così che molte delle mie cose sono state inghiottite dal buco nero delle forcine per capelli!!

Fatto sta che non posso abitare in un magazzino, e così, spesso mi capita di ritrovare vecchi oggetti, per tanto tempo rimasti nascosti dentro o dietro altri libri/scatoline/cianfrusaglie/qualsiasicosa. Oggi, in particolare, ho scovato un piccolo tesoro: l'anello dell'umore.






Ve li ricordate? Si trovavano nei Cioè, nelle buste delle patatine, tra le bancarelle delle feste di paese, insomma OVUNQUE. Erano un must.
Anelli magici che ti rivelavano le tue emozioni più nascoste, una roba da superscienziato che avrebbe sgamato la più profonda sensazione racchiusa dentro di noi, piccole bambine sognatrici.

Funzionava così: ad ogni colore corrispondeva un mood. Ovviamente a riguardo c'erano varie scuole di pensiero e i relativi battibecchi tipo "Non è vero, vuole dire così, sei una bugggiarda" comunque vi posterò una delle classificazioni scovata su google.




Così mi sono ricordata di quanto fosse "facile" in quel modo. Quanto fosse bello leggere in ogni colore un'emozione, e tentare di barare, stringendo più forte, mandando più calore. Ed era proprio quella la magia!

Oggi questo non basterebbe più, le emozioni sanno essere bastarde, si mescolano, sono ibridi. Quando ne conosciamo la natura abbiamo paura di ammetterlo, mentre nello stato della confusione più totale ci perdiamo, non trovando una conclusione nemmeno coi super poteri, manco fossimo Wonder Woman. E così oggi una conclusione non la trovo nemmeno io, lascio il post in sospeso, nel caos, come piace a me...

martedì 13 maggio 2014

Uno sconosciuto chiamato "futuro"

Dovrei studiare. Domani ho un noiosissimo test e, come sempre, cerco qualcosa con cui distrarmi. Puntualmente, durante i momenti di studio intenso, decido di spararmi qualche film: in tv, al cinema e mentale. Sarà che il fatto stesso di studiare proietta il mio pensiero, sarà che all'università si studia per costruirsi un futuro. Così anche oggi devo viaggiare un po' immaginando cose che potrebbero o non potrebbero mai accadermi.

Il 2012 è stato un anno cruciale per me. L'estate della maturità. Non starò qui a elencare poetice frasi malinconiche sul mondo del liceo perchè, per me, di poetico non c'è stato proprio nulla. Infatti non vedevo l'ora di scappare da quell'ambiente. Non sono una persona asociale, anzi, nei primi anni ho stretto molti rapporti e riuscivo a scherzare sempre ed essere a mio agio con tutti, poi qualcosa è cambiato. Non saprei a chi dare la colpa, all'epoca la davo agli altri, a quei ragazzini che si preoccupavano solo di come fare i fighi il sabato sera. Quando avevo 15 anni ho dovuto affrontare dei grossi problemi in famiglia, da quel preciso momento gli screzi col fidanzatino e il dramma della mancata borsa firmata iniziarono ad urtarmi. Così ho innalzato un muro con l'obiettivo di tenere alla larga quella superficialità, beccandomi in risposta i dovuti trattamenti. Mi sono sentita fuori posto per tutto il quinto anno. Ora, col senno di poi,  posso solo dare la colpa al fato. Era normale preoccuparsi di quelle futili cose a 16 anni, sono cresciuta troppo in fretta.

Fatto sta che durante quella famosa estate riesco finalmente a ritrovare quella spensieratezza di cui tutti abbiamo bisogno. Ero uscita con un ottimo voto ed avevo le idee chiare sul mio futuro. Fino ad ottobre ho continuato a stupirmi, il primo viaggio all'estero da sola, l'ingresso all'università superando lo sbarramento, la conoscenza di persone nuove che condividevano le mie passioni. Ero esattamente nel posto giusto.

Oggi, a quasi due anni da quel momento di assoluta congruenza tra sogno e realtà, mi trovo in bilico. Sto seguendo un filo che non so più dove mi porterà. Conosco la prima tappa: erasmus a Porto. Immagino la seguente: laurea. E poi?

Parlare con la gente mi mette solo ansia. Perchè sono tutti così carichi per la magistrale? Perchè la triennale è diventata così inutile e mainstream? Perchè non esistono magistrali fighe per il mio corso? E perchè? E perchè? Ecco, sono tornata bambina...

Va beh, facciamo così: mi fermerò un po' in quella stupendissima prima tappa e chissenefrega del mainstream, dell'utile e del dilettevole. Se avete bigogno, da settembre, cercatemi qua:




domenica 4 maggio 2014

La maledizione dell'amica magra

Le feste, grazie al cielo, sono finite. Hanno portato via le dormite fino alle 10 del mattino e le oziate in campagna, mentre hanno lasciato qualcosa dentro di noi. Affetto? Felicità? Armonia? Probabilmente sì, ma anche quei 2 o 3 kg in più tutti agglomerati nel girovita o nelle coulottes de cheval... quanto fa figo chiamare così il culone? Ma bando alle ciance! Dicevamo che amici e parenti hanno voluto donarci fantastici momenti e inesorabili abbuffate e sbevazzate che si sono affezionate a noi, e ci si sono avvinghiate addosso.

Così, all'alba della scampagnata del 1 maggio, arriva per tutti noi il periodo più angosciante dell'anno, persino più angosciante dell'organizzazione del capodanno: la prova costume.
Durante l'inverno siamo riuscite a rimandarla il più possibile, abbiamo evitato gli specchi più grandi di 100x80 cm, abbiamo rifiutato gli inviti allargati a più di 2 persone (noi e nostra madre) alle terme, ma procrastinare non è la soluzione. Bisogna affrontare il problema di petto o, vista la mole, pure di culo.

Ci esaminiamo per bene con bilance e metri da sarta, e capiamo subito che è giunto il momento di fare qualcosa, perchè si sa, pianificare uno stile di vita sano a gennaio, con almeno 6 mesi di anticipo sull'estate, è pura utopia. Bisogna ridursi all'ultimo, sfruttare l'ansia da deadline e agire "cor pepe ar culo".

Via alla maratona:
  • eliminazione sistematica di snack e altri prodotti del demonio, 
  • autosomministrazione forzata di beveroni erbacei vari, 
  • spalmatura maniacale di grasso di balena e cosmetici "magici" sui punti critici, 
  • attività fisica un po' come capita. 
Siamo cariche, determinate, vediamo una luce infondo al tunnel. Poi guardiamo meglio, ma non è una luce diretta, ci sta accecando... E' la cartina metallica di una merendina scartata dalla nostra guastafeste preferita: l'amica magra.

L'amica magra è colei con la quale bisogna evitare di svolgere alcune attività - per il nostro benessere psicofisico - tra le quali ricordiamo:
Lo shopping, mentre tratterrai le lacrime sotto le luci sparaflashanti dei camerini, che ti scopriranno la buccia d'arancia anche sotto la pianta del piede, lei sarà nel camerino affianco a gioire per il 3 capo d'abbigliamento che comprerà.
La piscina, l'ingresso in acqua diventerà una mission impossible, terrete con voi l'accappatoio fino ai 3 metri finali che vi separeranno dall'ingresso in acqua, rigorosamente percorsi in un nanosecondo. Poi dovrete decidere se uscire per prime, salendo sulla scaletta col vostro sederone davanti a lei, o lasciarla passare avanti invidiando la sua nonchalance.
Ultimo, ma non ultimo, l'attività più difficile da evitare: L'ASSUNZIONE DI CIBO. Potrete declinare i suoi inviti a pranzo, quelli a cena, quelli all'abbuffata da aperitivo a 5€, ma tutto ciò non basterà. L'amica magra è colei che, dotata di un metabolismo più veloce di Bolt, ha sempre fame.
Qualsiasi cosa stiate facendo insieme, arriverà il momento clou in cui la tentazione salirà alle stelle e nel 70% dei casi cederete.

Combattiamo questa ingiustizia, occorre una distribuzione equa di metabolismi alla stessa velocità.  Ora vi devo lasciare, devo affrontare un problema persino più grave: la madre magra a dieta ingrassante. Cibo ipercalorico ovunque, in ogni angolo della casa. CHE LA FORZA DI VOLONTA' SIA CON ME!

martedì 29 aprile 2014

Pronansiescion: la difficile sfida

Che buona parte degli italiani si ostini a inventare nuovi idiomi, nel tentativo di parlare una lingua straniera, già lo sapevamo. A farcelo notare c'è tutto il filone dei film sui gangsta italo-americani; ci sono i fantastici discorsi dei nostri politici -di quei pochi che almeno fanno finta di sapere un po' d'inglese-; c'è l'amico che "tenkiù wagliò" e quello che "wosss yor neim?" (ADORO la zeta-non-zeta dei bolognesi) infine c'è il bellissimo bello bellino , insomma il ringraziamento di Sorrentino alla premiazione degli oscar 2014.

Ma niente, la pronuncia sembra restare qualcosa di superfluo. Se c'è bene, se no fa lo stesso, tanto l'importante è capirsi. Sì, STO PAIO DI PALLE. Ma che ve lo dico a fa', d'altronde sento ancora dire cose come salCiccia e coRtello. Le persone ci si affezionano a quelle parole, così tanto che anche se fai notare loro che non esistono, non ti credono mica sai. E vabbeh.

Eppure basterebbe così poco. Si narra che qualche pazzo sprovveduto abbia persino pensato di inventare un alfabeto apposito, universale, per permettere a tutti di pronunciare parole diverse dalla propria lingua materna. Che magnifica leggenda. Cosa? E' realtà? Eccolo qui, il caro amico IPA.








Basterebbe inserire nei programmi di lingua straniera delle superiori un briciolo di fonologia. Ha capito sig.ra ministrA Giannini? Da una glottologa come lei me lo aspetto eh.
    "No va beh ma io le lingue le so bene anche senza quella roba lì" . Bravissimo. A me invece quella specie di elfico, dopo anni di studio di inglese e francese, mi ha stravolta. [Sì, questa è la parte del post in cui parlo un po' male di me così non sembro troppo maestrina.]

Lo ammetto, non sapevo che knowledge in British English fosse  /ˈnɒlɪʤ/ cioè una roba tipo  "NOLIG", mentre le spiegazioni sulla differenza tra vent e vin per me erano tutte inutili. Già le nasali non esistono, non sono tangibili, in più se non mi associ un simbolo a queste entità, è normale che continui a ordinare all'oste francese un bicchiere di vento. Che poi io sono ben strana eh, potrei racchiudere il mio rapporto con la pronansiescion in un semplice distico alla Jumanji:


"Se per il culo prenderai
Una pronuncia impeccabile avrai."

Tra i prof di lingua straniera incontrati negli anni, ne ricordo uno che ci chiedeva di esagerare. Nel dubbio, quando dovete pronunciare, sentitevi al teatro ed esagerate. Piccola grande verità. Tant'è che la parte minchiona di me ha fatto tesoro del consiglio, almeno parzialmente. Si da il caso che mi diverta spesso e volentieri ad imitare gli strani esseri che circolano per la facoltà, parlanti lingue straniere si intende. Si da il caso, inoltre, che durante tali prese per il culo riesca a raggiungere una pronuncia da livello C2. Peccato che poi quando faccio la seria torni al mio misero B2/C1. A sto punto mi sorge un dubbio: dovrei forse investire di più sulla me cazzona cabarettista e meno sulla studentessa speranzosa e diligente? Ci rifletterò.




domenica 27 aprile 2014

Donne che mangiano yogurt scaduti.

"Cos'è, hai le tue cose?"

Eccola lì, la domanda più odiosa che una donna, puntualmente, si sente rivolgere dagli esemplari di sesso opposto. Seguita, nella top three delle domande-idiote-che-ti-conviene-smettere-subito-di-fare da: "che taglia di reggiseno porti?"  e  "che c'è per cena?".

Il 90% delle donne, alla suddetta domanda, reagirà scatenando sullo sprovveduto l'ira di tutti gli dei dell'Olimpo, offendendosi. Io faccio orgogliosamente parte di quel 90%.

Detto ciò, vorrei subito sfatare questo mito della donna vista come essere influenzato dal ciclo lunare che in alcuni periodi si trasforma in licantropo. Vorrei, davvero, ma non mi è possibile farlo. Tralasciando il fatto che persino io (e immagino buona parte di quel 90%) in quei giorni odio l'umanità intera, vorrei spostare l'attenzione su altri individui incontrati durante il mio percorso scolastico/universitario che non fanno altro che alimentare questo grande stereotipo. Infatti, ora che la sessione d'esami si avvicina, non posso fare a meno di gioire del fatto che, per stavolta, saranno solo dei professori a giudicarmi. Perchè dai, non raccontiamoci delle favole, le donne spesso sono molto più stronze degli uomini.

Ho deciso dunque di riassumere le principali categorie di donne che mangiano yogurt scaduti, col supporto di prove scientifiche ed immagini inedite, al fine di tentare di riconoscerle fin da subito e provare a sottrarsi dalla loro acidità:

1) LA FRUSTRATA


Senza troppi sotterfugi ti fa capire fin da subito che il suo rapporto con la menopausa non è dei migliori. Non sa nulla di te, ma decide comunque di volerti rovinarti la vita (o almeno la giornata). Leggi nei suoi occhi e nella rigidità dei movimenti, una frustrazione crescente che, in base ai giorni, sceglie di sfogare su donne più giovani di lei o sugli uomini, la fonte del proprio dolore.
Solitamente, questo esemplare di donna che mangia yogurt scaduti, ti si propone come professoressa esterna agli esami di maturità. Dopo averti dato un voto mediocre alla prova scritta, ella tenterà il tutto per tutto, facendoti domande del programma di seconda superiore di una materia diversa dalla sua e dibattendo a lungo coi colleghi interni per abbassare il tuo voto di diploma.


2) LA GATTARA


La professoressa gattara è colei che riesce a trasmettere ai propri studenti una sensazione mista di tenerezza e terrore. Si presenta nei panni di una donna di mezza età dall'umore altalenante, che inizierai presto ad amare ed odiare. Puntualmente, la gattara insegna materie umanistiche abbastanza interessanti. La gradevolezza della materia non farà altro che alimentare in te dolci speranze: "però si vede che ama quello che fa. Non può essere così terribile" ... Invece sì. LO SARA'.
Al colloquio orale procede con caute domande ascoltando le relative risposte con aria perplessa. La tua speranza vacilla ma poi ti dici caspita le stai rispondendo bene, e dopo solo 5 ore di attesa e 40 minuti d'interrogazione, ti ha già chiesto il libretto per segnare il voto. A quel punto, e solo a quel punto, la nostra dottoressa Jakyll tornerà la mrs Hyde che più di una volta si è dimostrata in aula. Col sorriso stampato sulle labbra ti congederà con un "signorina, ha studiato benissimo, si vede che sa le cose, ma deve migliorare nel modo di esprimersi" abbattendo ai massimi livelli la tua autostima. D'altronde lei pretendeva di più, manco fossi Wonder Woman.


3) L'ATTRICE

L'ultima categoria di donne che mangiano yogurt scaduti è la più pericolosa di tutti. Ai fini della ricerca non mi sarebbe stato utile postare alcuna fotografia poichè la professoressa attrice a prima vista non presenta tratti fisici particolari.
Se l'università fosse un film horror, e spesso lo è, la professoressa attrice sarebbe l'amico che negli ultimi 10 min si rivela il feroce killer. Questa donna, infatti, si impegnerà fino all'ultima lezione per farsi apprezzare dagli studenti, spiegando in maniera chiara e dimostrandosi disponibile. All'esame, però, avrà inizio la carneficina. Le prime vittime, bocciate ed umiliate, tenteranno in lacrime di avvisare i compagni sulla pericolosità dell'esemplare e tu, iscritto all'ultimo appello, non saprai più se continuare ad ascoltare le domande impossibili già fatte o se ignorare il tutto e andare ad accendere un cero. Solitamente lo studente medio tenta di mettersi l'animo in pace, accende il cero e si presenta all'appello, pronto ad abbassare la propria media del 27 accettando un 18 dettato dal ciclo lunare della professoressa.


Se oltre alle professoresse analizzassimo altre professioni potremmo sicuramente creare un'enciclopedia della donna acida che neanche la Treccani (ecco, forse le Trecagne). Perciò, la butto lì, anzichè mandare l'intero monte Olimpo contro quel poveraccio, teniamo un Ade o uno Zeus per queste gentildonne: avranno la compagnia che meritano e la nostra categoria ne trarrà sicuramente beneficio.


sabato 26 aprile 2014

Chi? Perchè? Cosa? Istruzioni per l'uso

WHO?
Sono Désirée, una simpatica studentessa universitaria di 20anni. Fin da bambina, o come diciamo qui a Bologna “da cinna”, ho sviluppato una parlantina non indifferente. Una parlantina tale da sentirmi spesso dire: “potresti proprio diventare un avvocato o una giornalista!
Insomma sì, sono una rompicoglioni e abbandonata la prima opzione sono rimasta incastrata nella passione per la scrittura e le lingue straniere.



WHY?

Ho aperto questo blog per *rullo di tamburi*... scrivere. Già. Non ho secondi fini come farmi conoscere o salvare la vita di qualcuno. Va da sé che per me scrivere significa raccontare storie, esperienze interessanti, utili al lettore o aneddoti divertenti completamente inutili. Quindi, ricapitolando, voglio scrivere storie.


WHAT?
Storie al femminile, per essere precisi. Storie di giovani studentesse, storie di giovani e basta. Storie di donne con le palle, di donne che dimostrano una forza da eroine o dalle quali, quotidianamente, ci si aspetta tantissimo. Ma non solo questo: primo, perché a 20 anni non ho la presunzione di considerarmi un'esperta in materia; secondo, perché non voglio creare un blog femminista e/o polemico. Essere donne è bello ed è importante parlarne, ma voglio che sia solo un punto di partenza per tirare fuori qualsiasi argomento e trattarlo anche (e soprattutto) con la maggior leggerezza possibile.

SO... Enjoy my blog! E non aspettatevi chissà che, manco fossi Wonder Woman!